I buoni colori di una volta. Ricettario fotografico per conoscere e fabbricare pigmenti, leganti, vernici e materiali artistici antichi, direttamente dai trattati medievali.

Il Falco Letterario, periodico di Arte e Cultura, anno XXIX, n. 1, primavera 2010.

Come per il medico è la conoscenza della Fisiologia così è per il restauratore la conoscenza dei materiali e delle tecniche che hanno permesso la nascita dell’opera antica. È uno dei discorsi che si leggono tra le righe di questo ponderoso volume di 480 pp. in formato A5 con 399 foto a colori dove troviamo descritti, secondo le ricette antiche e fotografati in ordine alfabetico, tutti i colori utilizzati dal periodo tardo antico fino al 1640 che sono stati suddivisi in base alla loro origine minerale, vegetale, animale o artificiale. Inoltre vi troviamo anche la descrizione delle tecniche artistiche classiche e medievali: encausto, affresco, tempera all’uovo su pergamena e su tavola, pittura ad olio, con foto esplicative degli altri principali materiali artistici utilizzati in passato.
Si tratta di argomenti molto affascinanti per gli artisti di oggi e per chiunque si interessi a vario titolo di arte.
Nato su richiesta degli studenti del primo anno del Corso di Restauro all’Accademia di Belle Arti di Firenze è scritto con un linguaggio chiaro, accessibile a tutti anche se si addentra in problemi complessi che vengono risolti semplicemente col confronto fotografico. Ad esempio vi troverete il modo di rifare praticamente la tecnica dell’encausto (descritta nel De architectura da Vitruvio e nella Naturalis Historia da Plinio), oppure come fare per dipingere i vostri drappi di lana con la vera porpora ottenuta dalle conchiglie dei Fenici, Saprete come ri-fare il blu egiziano utilizzato fino all’VIII sec. d. C. Potrete leggere come si fabbricava la pergamena dalle pelli animali e come eventualmente veniva dorata a foglia prima di essere miniata. Potrete sapere come si fabbricavano nel Medioevo gli inchiostri per scrivere e per disegnare, oppure come ricreare la vernice preferita da Leonardo.
L’opera acquista un rilevante valore scientifico quando risolve i problemi ancora dibattuti dagli esperti, quali ad esempio la definizione del colore ottenuto dal lapis amatito descritto da Cennino Cennini e che coincide col lapide sanguinario di cui si parla già nel XII secolo. C’è anche la descrizione fotografica del color Giallo di Napoli (naturale) ottenuto dal pestaggio di particolari rocce vulcaniche e dalle sue possibili varianti artificiali ottenute nei forni dai maestri vetrai.
Una sorta di “fai da te” fotografico dei colori e dei materiali antichi di cui vengono esplicati, oltre agli aspetti tecnici, anche quelli meno evidenti: tossicologici, simbolici e religiosi.

Stefano Tonti
Docente di Pedagogia e Didattica dell’Arte. Storia della Stampa e dell’editoria all’Accademia di Belle Arti di Urbino. Attualmente direttore della rivista “Il Falco Letterario” e direttore editoriale delle Edizioni Artemisia.